Informazioni aggiuntive
Peso | 1 kg |
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Dimensioni | 21 × 23 cm |
Anno | |
Autore | |
EAN | |
Formato | |
Pagine |
€12,35
Esaurito
Luca Girotto e Luigino Caliaro svelano una storia dimenticata relativa alla battaglia dell’Ortigara: il ruolo dell’artiglieria pesante francese, il mito dei “mori dei cannoni”, il contributo dell’aviazione. 168 pagine a colori, che con il supporto di oltre 140 straordinarie foto in gran parte inedite e grazie a documenti usciti dagli archivi d’oltralpe documentano per la prima volta una vicenda mai scritta prima.
Peso | 1 kg |
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Dimensioni | 21 × 23 cm |
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Furono tra i protagonisti militarmente rilevanti della battaglia dell’Ortigara, ma la loro presenza è passata sostanzialmente sotto silenzio. Le artiglierie ferroviarie francesi ritrovano ora il ruolo che gli spetta nella storia del conflitto lungo il fronte italiano grazie a Luca Girotto e Luigino Caliaro, autori di “Fuoco sull’Ortigara”.
168 pagine a colori, formato 21×23, che con il supporto di oltre 140 straordinarie foto in gran parte inedite e grazie a documenti usciti dagli archivi d’oltralpe documentano per la prima volta una storia mai scritta prima.
Spiegano gli autori: in previsione della battaglia dell’Ortigara, gli accordi tra alleati prevedevano l’arrivo di un appoggio d’artiglieria francese a supporto dell’offensiva. Per varie ragioni, soprattutto per non privarsi di artiglierie campali assolutamente indispensabili sul fronte occidentale, la scelta francese ricadde sull’invio di alcune imponenti artiglierie ferroviarie pesanti. Per immaginare quale impatto possono aver avuto sui contemporanei è sufficiente guardare gli scatti ritrovati da Girotto e Caliaro che documentano la mole colossale di cannoni come quelli da 320 mm M.le 70-93 su affusto Schneider con una lunghezza complessiva della struttura di quasi 26 metri per 162.000 kg di peso.
L’Italia era all’epoca completamente priva di artiglieria ferroviaria di calibro comparabile, e la presenza di quella francese – giganti nati per la difesa costiera ed adattati al tiro su terra – ebbe dunque un effetto mediatico ancor più impattante. Esse vennero schierate, pochi giorni prima dell’inizio dell’attacco, in Valsugana tra Tezze, Grigno e Primolano (TN) e presso Chiuppano e Piovene Rocchette (VI). Da queste collocazioni nel giugno 1917 i cannoni francesi intervennero, con risultati quantomeno controversi, con fuoco di distruzione sulle prime linee e con tiri di interdizione sulle profonde retrovie austriache dell’altopiano per buona parte dei 19 giorni di durata dello scontro.
In appoggio ai convogli ferroviari venne inviata in Italia, con funzioni di ricognizione ed osservazione dei potenziali bersagli, anche una squadriglia aeronautica. La presenza francese – artiglierie ed aeroplani – venne esaltata da una propaganda mediatica volta a promuovere la cooperazione tra alleati e, benchè la Valsugana fosse all’epoca quasi svuotata della popolazione civile, il ricordo di quella breve permanenza per la battaglia dell’Ortigara si è tramandato soprattutto lungo il Canal di Brenta fino ai giorni nostri, assieme a una iconografia poco conosciuta e in gran parte inedita che fa luce anche su miti consolidatisi nel tempo quale quello dei “Mori dei canòni”.
SOMMARIO
PREFAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
PREMESSA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
L’ANTEFATTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
ACCORDI TRA ALLEATI: LE DISASTROSE OFFENSIVE DEL GENERALE NIVELLE
DISSANGUANO L’ARMÉE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
L’ARTIGLIERIA FERROVIARIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
L’ARTIGLIERIA FERROVIARIA PESANTE FRANCESE (A.L.V.F.)
FINO ALLA PRIMAVERA DEL 1917 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
I PREPARATIVI PER L’IMPIEGO DELL’A.L.V.F. FRANCESE SUL FRONTE VENETO-TRENTINO . . . 22
L’ARRIVO DEL DÉTACHEMENT D’ITALIE DU 1ER GROUPEMENT A.L.V.F.
AL FRONTE VENETO-TRENTINO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
UN “OCCHIO NEL CIELO” PER L’A.L.V.F.: LA SQUADRIGLIA ESPINASSE . . . . . . . . . . . . . 45
L’AZIONE DEL DÉTACHEMENT D’ITALIE DU 1ER GROUPEMENT A.L.V.F. NELLA BATTAGLIA
DELL’ORTIGARA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
ORTIGARA 1-9 GIUGNO 1917: I PREPARATIVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
ORTIGARA 10-11 GIUGNO 1917: LA PRIMA AZIONE DI FUOCO . . . . . . . . . . . . . . . 69
ORTIGARA 12-19 GIUGNO: L’A.L.V.F. FRANCESE NELLA SECONDA FASE DELLA BATTAGLIA . . 107
ORTIGARA 20-25 GIUGNO: GLI ULTIMI COLPI DELL’A.L.V.F. . . . . . . . . . . . . . . . . 138
ORTIGARA GIUGNO 1917: LA SQUADRIGLIA ESPINASSE IN VOLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147
UN POSSIBILE CONSUNTIVO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152
BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163
RINGRAZIAMENTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165
Dai 25 anni di vita condivisa tra Nadia e Casimiro, nasce questa raccolta di ricette che percorre la storia e la strada battuta in questi anni di lavoro e condivisione. Ricette scritte con passione e speranza che qualcuno voglia cimentarsi nella sperimentazione. Nella raccolta ci sono spunti e proposte che toccano la stagionalità dei prodotti e la gratinatura dei piatti; si passa dai classici risotti, alle zuppe e ai sughi e alle rivisitazioni di alcuni piatti di ispirazione etnica.
Ricette, ricordi, memorie e narrazioni. Perchè nulla vada perduto.
Fino alla metà del secolo scorso, nella società italiana le donne furono considerate inferiori all’uomo non solo per forza fisica, ma anche per capacità intellettuali e per doti artistiche; furono pagate, pure a parità di occupazione, meno dell’uomo e per lo più relegate a compiere i lavori domestici; furono impossibilitate ad intervenire nella gestione della cosa pubblica, non godendo di diritti elettorali attivi, né tanto meno passivi.
Forse una delle più significative tappe verso l’emancipazione fu l’accurata e approfondita ricerca sulla situazione femminile nei vari Paesi occidentali e nelle diverse epoche storiche, compiuta e diretta dagli studiosi francesi Georges Duby e Michelle Perrot. La storia delle donne, edita nell’ultimo decennio del secolo scorso da Giuseppe Laterza, fu un’opera pioneristica che suscitò un enorme interesse in Italia e nel mondo.
Dall’intendimento di proporre una riflessione sulla specifica situazione della donna bellunese nelle epoche passate nasce il libro Donne bellunesi dal secolo XV al 1950, dove, oltre ad analizzare leggi e norme legislative, si descrivono costumi, vicende e condizioni di vita di nobili e di popolane, di mogli e di vedove, di figlie e di madri, di streghe e di prostitute, di emigranti e di viaggiatrici, di benefattrici e di anfitrioni, di artiste e di letterate, di massere e di docenti, di suore e di imprenditrici, di levatrici e di alpiniste, di donne oggetto di violenza e di omicide, di sante e di contrabbandiere. Mentre per alcune persone l’autrice ha riportato il puro e semplice nome, per altre ha tracciato dei ritratti a tutto tondo in cui ha evidenziato vicende, caratteristiche, capacità, aspirazioni e doti.
Per la stesura di questo libro, riguardante l’intera provincia di Belluno, sono state consultate molte opere edite, ma anche numerosi documenti d’archivio ancora inediti, privilegiando soprattutto l’Archivio di Stato di Belluno e, a titolo esemplificativo, alcuni archivi parrocchiali o comunali
Miriam Curti ha sempre avuto un occhio di riguardo per le problematiche locali e ha pubblicato numerosi articoli e saggi su giornali e riviste. Alcuni dei suoi libri più significativi , scritti in collaborazione con altri studiosi o frutto solo del suo lavoro sono “Stemmi e antiche famiglie di Mel (2012)”, “Famiglie nobili di Belluno (2015)”, “Notizie da Mel 1919-1963 (2018)”, “Famiglie cittadinesche di Belluno (2020)”, “Notizie da Borgo Valbelluna (2022)”.
A cavallo tra il quindicesimo e il sedicesimo secolo, epoca in cui visse e operò Albrecht Durer, l’Italia intesa come stato sovrano unitario, ancora non esisteva. Albrecht Durer, che quest’opera ritrae a cavallo tra l’immaginazione di un viaggio nello spazio-tempo e una minuziosa ricostruzione storica, integra pienamente le caratteristiche dell’Italico d’eccellenza. Durer lo è sin da giovanissimo per il suo imprinting culturale, avendo frequentato la scuola latina nelle aule della chiesa di San Lorenzo a Norimberga. Lo è ancor di più nell’ispirazione artistica che accompagna tutta la sua vita, costellata di incontri con colossi della pittura, come Andrea Mantegna e un “giovane apprendista che veniva dalle montagne del Cadore”, poi divenuto celeberrimo col nome di Tiziano; ma anche Giovanni Bellini e Vittore Carpaccio, conosciuti tramite le loro opere, e Raffaello da Urbino, con il quale interviene uno scambio di doni. Molti sono gli “Italici” che accompagnano la vita dell’artista. Però l’artista ha un’altra caratteristica, dominante nel tema radici culturali italiane nel mondo che l’Italia celebra ufficialmente quest’anno: è un emigrante. Nel senso che l’emigrazione da un punto all’altro dell’Europa che, a quei tempi, non era certo collegata come oggi, è un elemento costante della sua vita.
Paolo Doglioni, imprenditore bellunese, ritorna ai lettori con la casa editrice DBS. Si ricordano dello stesso autore “W L’Empereur – Indagine su un dragone napoleonico e un servizio di piatti” 2009, “Il dipinto ritrovato- storia di un condottiero del XV secolo” 2011, “L’internazionalizzazione ai tempi dell’aquila reale” 2012, “Schegge di storia bellunese” 2012, “1943-1944 Diario di guerra di un bellunese” 2013, “Doglioni – Belluno, 100 anni 1921-2021”, 2020 oltre ad aver collaborato alla pubblicazione di trattati storici bellunesi.
Il ricavato dalla vendita sarà, per espressa volontà dell’autore, devoluto a sostenere un service del Rotary Club in provincia di Belluno
Tutte le nostre spedizioni in Italia avvengono via corriere BRT. Per costi e termini di servizio clicca qui.
Per contattarci: info@edizionidbs.it
Il Giornale di Vicenza –
Il Giornale di Vicenza – 22 agosto 2017
Articolo di Antonio Trentin
ORTIGARA BATTAGLIA INUTILE
Si sparò molto, ma si coordinò poco la mira, contro un terreno che favoriva la difesa degli austroungarici: in tutto 22 mila perdite. Il calvario dei nostri alpini.
Nella più sanguinosa delle battaglie combattute un secolo fa sul fronte italo-austroungarico, quella dell’Ortigara, fu l’eccezionale tributo di vittime delle due parti a marcare gli avvenimenti per la storia a venire: oltre 1800 morti italiani e quasi 1000 tra le truppe asburgiche, e rispettivamente più di 9600 e di 6300 feriti, oltre a 1700 e 1400 dispersi (in gran parte caduti), per un totale di 22 mila perdite. Il micidiale tiro delle mitragliatrici difensive austroungariche e i corpo-a-corpo tra alpini e avversari sotto il crinale delle quote- vetta diventarono presto un elemento-clou del mito della Grande Guerra nel Vicentino: l’Ortigara, il Calvario degli Alpini. Ma parte decisiva in quel che avvenne lassù, come ovunque nel primo conflitto mondiale, ebbero le meno eroicamente mitizzabili artiglierie. Nella battaglia del giugno 1917, e negli episodi di contorno che fissarono la linea del fronte altopianese per l’ultimo anno di guerra, le bocche da fuoco a lunga gittata – tecnologie belliche che permettevano tiri di 20 chilometri – sparavano dalla Valsugana trentina contro il fronte e le retrovie italiane; e dal Canale di Brenta e dalla Pedemontana contro le postazioni austroungariche. Tra esse, le artiglierie ferroviarie francesi arrivate a dare sostegno ai piani offensivi del generale Luigi Cadorna e a fare preziosa propaganda all’alleanza tra nazioni “latine” contro gli Imperi Centrali.
L’impatto psicologico che potevano avere sui pochissimi soldati che le vedevano dal vivo – e sui molti che ne sentivano parlare o le trovavano illustrate nella stampa di trincea – è immaginabile guardando oggi le più espressive tra le 140 foto raccolte in “Fuoco sull’Ortigara!”, nuovo libro di due affermati ricercatori di storia militare, lo storico Luca Girotto e il fotografo Luigino Caliaro, pubblicato dalle Edizioni Dbs. Il pezzo più possente era un cannone di 162 tonnellate di peso, canna di 26 metri e proiettile dal diametro di 320 mm. Da Tezze, Grigno e Primolano lungo il Brenta e da Chiuppano e Piovene sotto l’Altopiano le artiglierie pesanti francesi su rotaia spararono con fuoco di distruzione sulle prime linee avversarie e con tiri di interdizione sulle retrovie nei 19 giorni che durò la battaglia. Per assistere gli artiglieri – tra cui quelli provenienti dalle colonie africane della Francia, i “mòri dei canoni”
rimasti nella memoria postbellica dei paesi – partecipò alle operazioni un reparto aereo (l’Escadrille Espinasse) che doveva fare ricognizione e indicare i bersagli, ma che molto patì il maltempo e la scarsa visibilità. Condotto sugli archivi italiani e su quelli del ministero della Difesa e dell’Armée de l’Air francese, lo studio di Girotto e Caliaro nulla concede alla retorica che talora imperversa anche a cento anni dagli eventi. La loro definizione dell’Ortigara 1917 è netta: «La più insensata delle battaglie condotte in montagna tra 1915 e 1918 sul fronte italo-austriaco». Il giudizio sull’efficacia delle artiglierie, basato sui documenti, è interlocutorio: si sparò molto,ma si coordinò poco la mira, contro un terreno che favoriva l’assetto difensivo degli austroungarici. La valutazione del piano d’assalto generale, finito nel nulla e in migliaia di morti, è espressa attraverso la citazione della relazione scritta dal comandante del distaccamento francese e conservata a Parigi: grandi elogi agli alpini italiani in combattimento,ma un senso di disagio verso le scelte dello stato maggiore italiano («io stesso ho potuto percepire come la fiducia nella vittoria mancasse sin dall’inizio perfino ai vertici del comando d’armata»).
L’Adige – 19 agosto 2017 –
L’Adige, 19 agosto 2017
Girotto e Caliaro dimostrano l’impegno dei giganteschi cannoni francesi in Valsugana. L’Ortigara e un mito da rivedere.
Fu una delle più grandi battaglie della Grande Guerra, quella sull’Ortigara, una montagna nemmeno particolarmente imponente, di poco superiore ai 2 mila metri, al confine tra Veneto e Trentino. Una battaglia che nel giugno di cento anni fa costò la vita a decine di migliaia di soldati, italiani e austriaci. Il numero preciso dei morti ancora oggi non è stato censito con certezza, ma quella battaglia, cruenta e terribile, è di fatto alla base del mito fondativo degli alpini, insieme ovviamente ad altre battaglie in cui si distinsero le «penne nere».
Nonostante la sconfitta militare quella battaglia servì nel lungo periodo agli scopi dell’Alto comando italiano. E fu una battaglia che vide coinvolta ogni risorsa. Dai fanti agli alpini
fino all’artiglieria pesante, per giorni, continuamente.
Uomini che, al di là del risultato, dimostrarono una grande tenacia, in un momento non facile per l’esercito italiano, che già aveva dovuto subire esattamente un anno prima il martellamento della Strafexpedition e che sarebbe poi crollato di lì a pochi mesi a Caporetto. Una battaglia che effettivamente ancora andrebbe capita meglio e studiata. A contribuire e a svelare nuovi particolari è in libreria un volume di Luca Girotto e Luigino Caliaro, edito da Dbs, Fuoco sull’Ortigara, 168 pagine, 13 euro. Il volume è riccamente illustrato da 140 immagini e mette a fuoco un aspetto particolare, ma rivelatore, perché racconta un aspetto militare dimenticato e che demitizza probabilmente i combattimenti sulle alture tra eserciti: ovvero che tra i protagonisti della battaglia dell’Ortigara ci furono anche le artiglierie ferroviarie francesi, anche se in cento anni di storia la loro presenza è finita per passare sostanzialmente sotto silenzio, forse proprio per motivi propagandistici utili a esaltare la forza dei soldati italiani. Ora, invece, grazie a questo libro, le artiglierie ferroviarie francesi ritrovano il ruolo che spetta loro nella storia del conflitto lungo il fronte italiano grazie a documenti trovati negli archivi d’oltralpe.
Girotto e Caliaro spiegano che in previsione della battaglia dell’Ortigara, gli accordi tra alleati prevedevano l’arrivo di un appoggio d’artiglieria francese a supporto dell’offensiva. Per varie ragioni, soprattutto per non privarsi di artiglierie campali assolutamente indispensabili sul fronte occidentale, la scelta francese ricadde sull’invio di alcune imponenti artiglierie
ferroviarie pesanti. Cannoni che ebbero un impatto anche nell’immaginario dei contemporanei, come si può capire dagli scatti ritrovati da Girotto e Caliaro che documentano la mole colossale di cannoni come quelli da 320 mm M.le 70-93 su affusto Schneider con una lunghezza complessiva della struttura di quasi 26 metri per 162 mila chilogrammi di peso.
Va sottolineato che l’Italia era all’epoca completamente priva di artiglieria ferroviaria di calibro comparabile, e la presenza di quella francese – giganti nati per la difesa costiera ed adattati al tiro su terra – ebbe dunque un effetto mediatico ancor più impattante. Giganti che furono schierati, pochi giorni prima dell’inizio dell’attacco, in Valsugana tra Tezze, Grigno e Primolano e presso il territorio vicentino di Chiuppano e Piovene Rocchette. Da queste collocazioni nel giugno 1917 i cannoni francesi intervennero, spostandosi con i treni, ma con risultati quantomeno controversi, con fuoco di distruzione sulle prime linee e con tiri di interdizione sulle profonde retrovie austriache dell’altopiano per buona parte dei 19 giorni di durata dello scontro.