Informazioni aggiuntive
Peso | 1 kg |
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Pagine |
€17,00
Storie esemplari, testimonianze, immagini e documenti dell’emigrazione lamonese in Svizzera tra gli inizi del 1946 e la metà degli anni Sessanta.
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“Pan e cortel magneon; par mandar a casa più schei che podeon! Pane e coltello mangiavamo per mandare a casa più soldi che potevamo! Lo ripeteva icasticamente tempo fa un anziano emigrante ricordando quanto duri fossero stati i primi anni del secondo dopoguerra trascorsi da stagionale sui cantieri nei dintorni di Zurigo. Queste parole, e le ripetute conversazioni e discussioni fatte nel tempo con numerosi emigranti lamonesi, le ho rimuginate a lungo. Alla fine mi è parso opportuno raccogliere le testimonianze di ventuno di loro che hanno trovato lavoro in Svizzera in momenti cruciali della loro esistenza e della vita della Comunità di origine. Gli anni durante i quali i lamonesi sono emigrati non potevano che cominciare nei mesi a ridosso della conclusione del secondo conflitto, ovvero agli inizi del 1946, e essere compresi entro la metà degli anni Sessanta. Periodo durante il quale l’esodo in provincia di Belluno iniziava lentamente a rallentare per dare luogo circa un decennio dopo – complici in Svizzera i ripetuti referendum xenofobi e le cicliche crisi economiche – al complesso fenomeno del rientro accompagnato dal difficile reiserimento lavorativo nella terra di provenienza che nel frattempo era economicamente progredita anche grazie alle rimesse degli emigranti e alle opportunità occupazionali generate dalla legge sul Vajont. Fissati questi limiti temporali, non è stato facile individuare un gruppo di persone che risultasse emblematico dell’esperienza migratoria condivisa con migliaia di altri bellunesi e/o italiani che negli stessi anni varcavano i confini della Confederazione elvetica. Nel selezionare un campione di dodici uomini e nove donne, il numero delle emigranti – statisticamente inferiore a quello dei maschi – lo ho scelto volutamente per valorizzzare l’inedito ruolo che esse hanno progressivamente assunto quale forza lavoro richiesta dallo sviluppo economico svizzero nel periodo considerato. Ciascuno di loro li ho incontrati almeno quattro volte, con l’esclusione degli emigranti non rientrati in paese con i quali ho avuto un intenso scambio epistolare e telefonico. Nel trascrivere le risposte alle domande ho atteso che riaffiorassero i ricordi e le esperienze della vita. Ho rispettato i tempi delle esposizioni, i ripensamenti e, in alcuni casi, i silenzi originati da pudore o ritrosia. Di volta in volta, ho verificato i contenuti delle testimonianze dando ai testi forma narrativa compiuta e condividendo la rielaborazione definitiva. Contemporaneamente ho raccolto da quasi tutti foto e documenti, commentandoli con loro per poterne predisporre le didascalie.
Di indubbia importanza credo sia stato conoscere la fascia di età entro la quale sono espatriati: gli uomini tra i 15 e i 20 anni sono stati otto; uno tra i 21 e 25 anni; uno tra i 26 e i 30; uno ha raggiunto i genitori a meno di 14 anni iniziando a lavorare senza contratto, sottoscritto a 15; uno, dopo essersi ricongiunto ai genitori a 11 anni, appena conseguito il diploma di quinta elementare, ha frequentato scuola e apprendistato svizzeri iniziando a lavorare a 20. Nel corso del 2012 il più anziano degli intervistati compie 90 anni, il più giovane 65. Quanto alle donne, sette sono emigrate tra i 15 e i 20 anni e due tra i 21 e 25; la più avanti con l’età quest’anno ne festeggia 88 e la più giovane 66.
Altro presupposto, è stato quello di individuare le principali occupazioni sia maschili che femminili, tenendo presente che la mobilità lavorativa delle donne è stata decisamente più elevata rispetto a quella degli uomini, nonostante le severe norme contrattuali e le difficoltà a ottenere i permessi di soggiorno.
In tal senso, ad esempio, le disposizioni emanate dalle autorità svizzere nel 1961 e nel 1970 continuavano ad essere restrittive e parzialmente diverse da Cantone a Cantone. Sei degli emigranti sentiti hanno lavorato stabilmente nell’edilizia (muratori e gessini); altri due sono stati inizialmente assunti in settori in parte ad essa collegati (carpenteria in legno, falegnameria) per passare successivamente ad altre occupazioni; tre hanno trascorso la maggior parte degli anni in aziende del comparto metalmeccanico e/o elettrico-elettronico; uno, avviatosi al lavoro nel settore tessile, ha concluso quale dipendente di un’importante istituto bancario. Riferendomi alle donne, ribadita la loro forte propensione a cambiare attività e – in alcuni casi – stante la dipendenza dai contratti di lavoro dei rispettivi coniugi, specialmente se stagionali, almeno per quattro di loro l’esperienza lavorativa all’estero è cominciata con l’assunzione nelle aziende tessili per passare quindi a un settore diverso come il metalmeccanico o a quello del commercio e dei servizi (dall’abbigliamento alla ristorazione degli operai, dal turismo alla cura dei bambini). Quattro, viceversa, o hanno iniziato nell’agricoltura e continuato nell’industria tessile, o sono state assunte da una grande azienda
produttrice di materiale sanitario. Una si è distinta su tutte: ha fatto la cròmera, l’antico e faticoso mestiere dell’ambulante praticato dai lamonesi, maschi e femmine, a partire dalla fine dell’Ottocento.
Altrettanto essenziale ho ritenuto fosse la distribuzione geografica dei luoghi nei quali i ventuno emigranti hanno lavorato. Tenendo conto della mobilità all’interno di uno medesimo Cantone e del fatto che tradizionalmente il flusso migratorio si è diretto per la maggior parte nella Svizzera centrale, diciassette hanno prevalentemente vissuto nei Cantoni di lingua tedesca, ovvero Zurigo, San Gallo, Nidwalden, Glarus, Lucerna; due nel Cantone francese di Ginevra; una per lo più nel Cantone Ticino e una, data la sua professione, ha percorso per anni Cantoni diversi, compreso quello dei Grigioni.
Indice
11 Presentazione
Ferruccio Vendramini
15 Introduzione
Paolo Conte
Testimonianze
23 Pietro (Piero) Mancini
35 Alberto (Berto) Bee
49 Emma Gaio
53 Ettore Todesco
63 Mario Benvenuti
73 Giorgio Largo
87 Luigia Tollardo
93 Giuseppe (Dino) Bee
103 Lucia Gaio
111 Romana Poletti
119 Giorgio Gaio
123 Antonio Malacarne
135 Luigia Bee
141 Piergiorgio Campigotto
157 Una cròmera
163 Luigi Fuss
169 Ettore Mastel
179 Assunta Faoro
189 Antonio Largo
203 Lucia Facen
209 Anna Forlin
221 Sisto Malacarne (1940-2007)
Il Movimento Emigranti Lamonesi
(1970-1997): cronistoria di una associazione
241 1970-1979: il primo decennio,
fervido di idee e di realizzazioni
274 1980-1997: la fase calante
e lo scioglimento del Movimento
295 Documenti
311 Bibliografia orientativa
315 Indice dei nomi di persona
327 Indice dei nomi di luogo
333 Indice dei nomi delle imprese
Dai 25 anni di vita condivisa tra Nadia e Casimiro, nasce questa raccolta di ricette che percorre la storia e la strada battuta in questi anni di lavoro e condivisione. Ricette scritte con passione e speranza che qualcuno voglia cimentarsi nella sperimentazione. Nella raccolta ci sono spunti e proposte che toccano la stagionalità dei prodotti e la gratinatura dei piatti; si passa dai classici risotti, alle zuppe e ai sughi e alle rivisitazioni di alcuni piatti di ispirazione etnica.
Ricette, ricordi, memorie e narrazioni. Perchè nulla vada perduto.
Fino alla metà del secolo scorso, nella società italiana le donne furono considerate inferiori all’uomo non solo per forza fisica, ma anche per capacità intellettuali e per doti artistiche; furono pagate, pure a parità di occupazione, meno dell’uomo e per lo più relegate a compiere i lavori domestici; furono impossibilitate ad intervenire nella gestione della cosa pubblica, non godendo di diritti elettorali attivi, né tanto meno passivi.
Forse una delle più significative tappe verso l’emancipazione fu l’accurata e approfondita ricerca sulla situazione femminile nei vari Paesi occidentali e nelle diverse epoche storiche, compiuta e diretta dagli studiosi francesi Georges Duby e Michelle Perrot. La storia delle donne, edita nell’ultimo decennio del secolo scorso da Giuseppe Laterza, fu un’opera pioneristica che suscitò un enorme interesse in Italia e nel mondo.
Dall’intendimento di proporre una riflessione sulla specifica situazione della donna bellunese nelle epoche passate nasce il libro Donne bellunesi dal secolo XV al 1950, dove, oltre ad analizzare leggi e norme legislative, si descrivono costumi, vicende e condizioni di vita di nobili e di popolane, di mogli e di vedove, di figlie e di madri, di streghe e di prostitute, di emigranti e di viaggiatrici, di benefattrici e di anfitrioni, di artiste e di letterate, di massere e di docenti, di suore e di imprenditrici, di levatrici e di alpiniste, di donne oggetto di violenza e di omicide, di sante e di contrabbandiere. Mentre per alcune persone l’autrice ha riportato il puro e semplice nome, per altre ha tracciato dei ritratti a tutto tondo in cui ha evidenziato vicende, caratteristiche, capacità, aspirazioni e doti.
Per la stesura di questo libro, riguardante l’intera provincia di Belluno, sono state consultate molte opere edite, ma anche numerosi documenti d’archivio ancora inediti, privilegiando soprattutto l’Archivio di Stato di Belluno e, a titolo esemplificativo, alcuni archivi parrocchiali o comunali
Miriam Curti ha sempre avuto un occhio di riguardo per le problematiche locali e ha pubblicato numerosi articoli e saggi su giornali e riviste. Alcuni dei suoi libri più significativi , scritti in collaborazione con altri studiosi o frutto solo del suo lavoro sono “Stemmi e antiche famiglie di Mel (2012)”, “Famiglie nobili di Belluno (2015)”, “Notizie da Mel 1919-1963 (2018)”, “Famiglie cittadinesche di Belluno (2020)”, “Notizie da Borgo Valbelluna (2022)”.
A cavallo tra il quindicesimo e il sedicesimo secolo, epoca in cui visse e operò Albrecht Durer, l’Italia intesa come stato sovrano unitario, ancora non esisteva. Albrecht Durer, che quest’opera ritrae a cavallo tra l’immaginazione di un viaggio nello spazio-tempo e una minuziosa ricostruzione storica, integra pienamente le caratteristiche dell’Italico d’eccellenza. Durer lo è sin da giovanissimo per il suo imprinting culturale, avendo frequentato la scuola latina nelle aule della chiesa di San Lorenzo a Norimberga. Lo è ancor di più nell’ispirazione artistica che accompagna tutta la sua vita, costellata di incontri con colossi della pittura, come Andrea Mantegna e un “giovane apprendista che veniva dalle montagne del Cadore”, poi divenuto celeberrimo col nome di Tiziano; ma anche Giovanni Bellini e Vittore Carpaccio, conosciuti tramite le loro opere, e Raffaello da Urbino, con il quale interviene uno scambio di doni. Molti sono gli “Italici” che accompagnano la vita dell’artista. Però l’artista ha un’altra caratteristica, dominante nel tema radici culturali italiane nel mondo che l’Italia celebra ufficialmente quest’anno: è un emigrante. Nel senso che l’emigrazione da un punto all’altro dell’Europa che, a quei tempi, non era certo collegata come oggi, è un elemento costante della sua vita.
Paolo Doglioni, imprenditore bellunese, ritorna ai lettori con la casa editrice DBS. Si ricordano dello stesso autore “W L’Empereur – Indagine su un dragone napoleonico e un servizio di piatti” 2009, “Il dipinto ritrovato- storia di un condottiero del XV secolo” 2011, “L’internazionalizzazione ai tempi dell’aquila reale” 2012, “Schegge di storia bellunese” 2012, “1943-1944 Diario di guerra di un bellunese” 2013, “Doglioni – Belluno, 100 anni 1921-2021”, 2020 oltre ad aver collaborato alla pubblicazione di trattati storici bellunesi.
Il ricavato dalla vendita sarà, per espressa volontà dell’autore, devoluto a sostenere un service del Rotary Club in provincia di Belluno
Tutte le nostre spedizioni in Italia avvengono via corriere BRT. Per costi e termini di servizio clicca qui.
Per contattarci: info@edizionidbs.it
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