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Il capitano feltrino Angelo Zannettelli e i suoi soldati contro i briganti ascolani nell’inverno 1860-1861. Un episodio, minore se visto nel grande affresco della storia risorgimentale, interessante per rivelare quell’incontro-scontro tra mondi culturalmente lontani che contraddistinse la nascita del nostro stato.
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Il capitano Angelo Zannettelli e i suoi soldati contro i briganti ascolani nell’inverno 1860-1861.
“Una ricerca storica assomiglia molto ad un’inchiesta. Bisogna trovare i testimoni degli eventi, confrontare quel che hanno detto, analizzare come si sono svolti i fatti, sulla base delle varie versioni che di questi sono state date, separare ciò che è verosimile da ciò che non lo è. Verosimile. Forse la parola è questa. Tentare di avvicinarsi quanto più possibile alla verità, con la consapevolezza di essere destinati a rimanere sul piano di un’approssimazione, non di un possesso definitivo. Eppure anche la parzialità di una ricostruzione, per giunta di una vicenda individuale come quella che costituisce il filo conduttore di questo libro, può contribuire, come una tessera ricollocata, a dare una sfumatura in più al mosaico ampio e complesso degli avvenimenti che portarono all’unificazione nazionale.
È una delle ragioni che mi hanno spinto a ripercorre l’ultima parte della vita del conte feltrino Angelo Zannettelli, nel tentativo di togliere dall’oblio o dall’angustia di poche notizie, quasi sempre le stesse, costantemente ripetute per più di un secolo da quanti si sono occupati di lui, la figura di un uomo in cui si incarnarono veramente – e si può dirlo senza paura di cadere nella retorica- gli ideali risorgimentali di libertà e di indipendenza. Una vita avventurosa che si spense in una fredda mattina di gennaio del 1861, a Mozzano, pochi chilometri da Ascoli Piceno, lungo la via Salaria, in direzione di Roma, mentre era alla testa di una compagnia dell’esercito piemontese, impegnata nel tentativo di reprimere la violenta reazione di gruppi organizzati di Ausiliari pontifici, fedeli al papa re Pio IX. L’alto Ascolano era attraversato, in quei giorni, da fortissimi movimenti di resistenza all’occupazione delle truppe di Vittorio Emanuele, che, dopo la battaglia di Castelfidardo e la conquista di Ancona, avevano preso possesso delle Marche, aprendosi una strada per la penetrazione verso sud, volta soprattutto ad impedire una deriva in senso repubblicano dell’impresa garibaldina. Così anche l’episodio, minore se visto nel grande affresco della storia risorgimentale, in cui si trovarono coinvolti il capitano Zannettelli e i suoi soldati, la gran parte dei quali veneti e suoi comprovinciali, diventa interessante per rivelare quell’incontro-scontro tra mondi culturalmente lontani che contraddistinse la nascita del nostro stato.”
In un bosco ai piedi delle Dolomiti, un piccolo abete ha appena messo radici. Con il passare delle stagioni, il piccolo abete comincia a crescere, circondato dalla bellezza della natura: fiori colorati e animali selvatici riempiono di vita il suo mondo. Ma un giorno il terreno sembra molto più lontano e il piccolo abete si accorge di non essere più tanto piccolo. Terrorizzato all’idea di crescere ancora, prende la decisione di restare così per sempre, suscitando la curiosità di una delle sue radici. L’incontro tra il piccolo abete e la sua intraprendente radice darà vita a un tenerissimo abbraccio.
L’albero protagonista di questa storia e i suoi amici si possono incontrare per davvero lungo il sentiero CAI che dal bivacco Palia porta al rifugio Casera Ere, poco distante da San Gregorio nelle Alpi.
Pensieri, riflessioni, annotazioni quasi fuggitive, nella loro trattenuta intimità, dilatano forme che rifiutano il finito per espandersi verso prospettive sorprese, a volte, da uno stupore affrancato da ogni accademismo – così Franca Visentin descrive i versi di Paola Scapin. Una raccolta di emozioni di pensieri a volte trattenuti, il tutto corredato da immagini tracciate dalla stessa autrice.
Sagron Mis è il comune più orientale della Provincia di Trento e il più piccolo della Comunità di Primiero con solo 175 abitanti. Sebbene l’area geograficamente e culturalmente sia più legata al vicino agordino, appartiene storicamente al distretto di Primiero per cui ha svolto nei secoli il ruolo di periferia, confine e passaggio.
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