Informazioni aggiuntive
Peso | 0,412 kg |
---|---|
Dimensioni | 16 × 23 cm |
Autore | |
Anno | |
Formato | |
Pagine | |
EAN | |
Collana |
Il prezzo originale era: €15,00.€12,75Il prezzo attuale è: €12,75.
Capitèi verdi sono i sacelli arborei sopravvissuti alla dirompente trasformazione urbanistica subita dal territorio veneto negli scorsi decenni. Spiega l’autrice: “Se consultiamo un qualsiasi vocabolario italiano alla voce capitello, troviamo un significato ben diverso da quello che nel Veneto s’intende con capitèl, capitèlo o capitèo, un termine che, nell’accezione tipica della nostra regione, non è documentato in nessun’altra parte d’Italia. Ciò di cui vogliamo trattare non è la parte superiore della colonna indicata nei dizionari, bensì il sacello, l’edicola sacra.
L’aggettivo verde vuol indicare qualcosa di vivo, in questo caso una pianta che ha accolto tra i suoi rami un’icona, un’immagine sacra, generalmente racchiusa entro una cassetta votiva in legno o in metallo, spesso fatta a capanna, che può avere davanti un vetro protettivo e magari anche una reticella.
Posti nei quadrivi, nei trivi, all’imbocco di stradine private oppure ai confini delle proprietà agrarie, come i sacelli d’altro tipo, i capitèi verdi erano oggetto di culto da parte di una famiglia o degli abitanti di un colmello, cioè di una borgata. La maggior parte di essi erano anche luoghi di sosta delle processioni penitenziali di primavera, le Rogazioni, che avevano carattere propiziatorio e apotropaico (vale a dire di scongiuro). La loro origine è però molto remota, anteriore al sorgere di qualsiasi religione codificata: si tratta di segni ancestrali di un’antichissima cultura rurale”.
Questo libro, frutto di una lunga accurata ricognizione, intende far conoscere i “capitèi verdi” per contribuire a preservare la memoria storica di un’antichissima civiltà contadina, di cui essi sono significativi testimoni. Simboli viventi della pietà popolare, come scrive nella prefazione Ulderico Bernardi.
Peso | 0,412 kg |
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Dimensioni | 16 × 23 cm |
Autore | |
Anno | |
Formato | |
Pagine | |
EAN | |
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Capitèi verdi sono i sacelli arborei sopravvissuti alla dirompente trasformazione urbanistica subita dal territorio veneto negli scorsi decenni. Spiega l’autrice: “Se consultiamo un qualsiasi vocabolario italiano alla voce capitello, troviamo un significato ben diverso da quello che nel Veneto s’intende con capitèl, capitèlo o capitèo, un termine che, nell’accezione tipica della nostra regione, non è documentato in nessun’altra parte d’Italia. Ciò di cui vogliamo trattare non è la parte superiore della colonna indicata nei dizionari, bensì il sacello, l’edicola sacra.
L’aggettivo verde vuol indicare qualcosa di vivo, in questo caso una pianta che ha accolto tra i suoi rami un’icona, un’immagine sacra, generalmente racchiusa entro una cassetta votiva in legno o in metallo, spesso fatta a capanna, che può avere davanti un vetro protettivo e magari anche una reticella.
Posti nei quadrivi, nei trivi, all’imbocco di stradine private oppure ai confini delle proprietà agrarie, come i sacelli d’altro tipo, i capitèi verdi erano oggetto di culto da parte di una famiglia o degli abitanti di un colmello, cioè di una borgata. La maggior parte di essi erano anche luoghi di sosta delle processioni penitenziali di primavera, le Rogazioni, che avevano carattere propiziatorio e apotropaico (vale a dire di scongiuro). La loro origine è però molto remota, anteriore al sorgere di qualsiasi religione codificata: si tratta di segni ancestrali di un’antichissima cultura rurale”.
Questo libro, frutto di una lunga accurata ricognizione, intende far conoscere i “capitèi verdi” per contribuire a preservare la memoria storica di un’antichissima civiltà contadina, di cui essi sono significativi testimoni. Simboli viventi della pietà popolare, come scrive nella prefazione Ulderico Bernardi.
INDICE
• Presentazione pag. 7
• Introduzione pag. 9
1. L ’albero e il suo rapporto con l’uomo (Schede I, II, III) pag. 13
2. A ll’origine dei riti magico-religiosi pag. 19
3. R iti e culti dei Veneti antichi (Schede IV e V) pag. 23
4. L a romanizzazione del Veneto pag. 31
5. Cristianizzazione del Veneto (Scheda VI) pag. 35
6. L e Rogazioni: pag. 39
O rigini e formule
Gli altarini
7. L e Rogazioni a Montebelluna e dintorni (Scheda VII) pag. 47
8. Cosa rimane dell’antico rito pag. 53
9. L a Rogazione di Asiago pag. 55
10. L a Rogazione in Valle Aurina (Schede VIII e IX) pag. 59
11. T ipologia dei capitèi verdi: pag. 63
Specie arboree (Scheda X)
I mmagini sacre
T eche votive
12. I soggetti religiosi: pag. 83
L a Madonna (Schede XI, XII, XIII, XIV, XV, XVI)
Gesù Cristo
L a Sacra Famiglia
Sant’Antonio da Padova
Sant’Antonio Abate (Scheda XVII)
A ltri Santi
13. Perdite, trasformazioni, recuperi (Schede XVIII e XIX) pag. 119
• Conclusione pag. 133
• Bibliografia pag. 135
In un bosco ai piedi delle Dolomiti, un piccolo abete ha appena messo radici. Con il passare delle stagioni, il piccolo abete comincia a crescere, circondato dalla bellezza della natura: fiori colorati e animali selvatici riempiono di vita il suo mondo. Ma un giorno il terreno sembra molto più lontano e il piccolo abete si accorge di non essere più tanto piccolo. Terrorizzato all’idea di crescere ancora, prende la decisione di restare così per sempre, suscitando la curiosità di una delle sue radici. L’incontro tra il piccolo abete e la sua intraprendente radice darà vita a un tenerissimo abbraccio.
L’albero protagonista di questa storia e i suoi amici si possono incontrare per davvero lungo il sentiero CAI che dal bivacco Palia porta al rifugio Casera Ere, poco distante da San Gregorio nelle Alpi.
Pensieri, riflessioni, annotazioni quasi fuggitive, nella loro trattenuta intimità, dilatano forme che rifiutano il finito per espandersi verso prospettive sorprese, a volte, da uno stupore affrancato da ogni accademismo – così Franca Visentin descrive i versi di Paola Scapin. Una raccolta di emozioni di pensieri a volte trattenuti, il tutto corredato da immagini tracciate dalla stessa autrice.
Sagron Mis è il comune più orientale della Provincia di Trento e il più piccolo della Comunità di Primiero con solo 175 abitanti. Sebbene l’area geograficamente e culturalmente sia più legata al vicino agordino, appartiene storicamente al distretto di Primiero per cui ha svolto nei secoli il ruolo di periferia, confine e passaggio.
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