Informazioni aggiuntive
Peso | 0,382 kg |
---|---|
Dimensioni | 16,5 × 23,5 cm |
Autore | |
Anno | |
Formato | |
Pagine | |
EAN |
€11,05
Esaurito
Ricordi di una famiglia di seggiolai agordini.
Due sono i percorsi espressivi attraverso cui si sviluppa questo libro: quello narrativo con le testimonianze di Enrico Stalliviere e quello visivo con le fotografie che corredano il testo scritto.
Va subito precisato che sono due percorsi paralleli, che interagiscono fra loro, ma non sono strettamente interdipendenti, nel senso che le immagini non si limitano ad essere la semplice “illustrazione” dei racconti; anzi, non lo sono quasi mai. Il fatto è che le esperienze giovanili dell’autore, vissute a fianco del padre seggiolaio negli anni cinquanta e primi anni sessanta, molto di rado sono state documentate fotograficamente. Non è un caso. Un artigiano ambulante, qual era il caregheta, aveva ben altro di cui occuparsi che di farsi ritrarre durante il suo lavoro: un mestiere duro, il suo, che iniziava alle prime ore del mattino per terminare a tarda sera, se non a notte inoltrata. E tanto meno durante il suo incessante peregrinare per le strade del mondo. Le poche foto esistenti in materia sono opera di fotografi – talvolta anch’essi ambulanti – che andavano a caccia di immagini pittoresche a carattere folclorico o, in epoca più recente, animati da interessi antropologici, sugli antichi saperi materiali sopravvissuti nel tempo.
Peso | 0,382 kg |
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Dimensioni | 16,5 × 23,5 cm |
Autore | |
Anno | |
Formato | |
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EAN |
Ricordi di una famiglia di seggiolai agordini.
Due sono i percorsi espressivi attraverso cui si sviluppa questo libro: quello narrativo con le testimonianze di Enrico Stalliviere e quello visivo con le fotografie che corredano il testo scritto.
Va subito precisato che sono due percorsi paralleli, che interagiscono fra loro, ma non sono strettamente interdipendenti, nel senso che le immagini non si limitano ad essere la semplice “illustrazione” dei racconti; anzi, non lo sono quasi mai. Il fatto è che le esperienze giovanili dell’autore, vissute a fianco del padre seggiolaio negli anni cinquanta e primi anni sessanta, molto di rado sono state documentate fotograficamente. Non è un caso. Un artigiano ambulante, qual era il caregheta, aveva ben altro di cui occuparsi che di farsi ritrarre durante il suo lavoro: un mestiere duro, il suo, che iniziava alle prime ore del mattino per terminare a tarda sera, se non a notte inoltrata. E tanto meno durante il suo incessante peregrinare per le strade del mondo. Le poche foto esistenti in materia sono opera di fotografi – talvolta anch’essi ambulanti – che andavano a caccia di immagini pittoresche a carattere folclorico o, in epoca più recente, animati da interessi antropologici, sugli antichi saperi materiali sopravvissuti nel tempo.
Solo in qualche raro caso tali foto erano commissionate dai soggetti, gli stessi seggiolai, più frequentemente quando erano all’estero, per lo più in Francia, meta di elezione a livello migratorio. La prolungata assenza da casa – spesso di 2-3 anni – li spingeva a produrre queste immagini, analogamente a quelle di molti altri emigranti, per comprovare il proprio stato di salute alle famiglie e in particolare per mostrare ai genitori le condizioni di vita dei gabùri, i piccoli apprendisti loro affidati per imparare il mestiere. In altri casi le foto venivano fatte eseguire dai sàepa, i committenti che assegnavano i motivi, le occasioni di lavoro – costruzione di sedie o impagliatura – per mantenere un ricordo del loro passaggio. Spesso i seggiolai ritornavano ad intervalli di qualche anno nelle stesse case e non era infrequente che si sviluppassero con i padroni legami di simpatia, se non di vero affetto. Ma non sempre. Ritroviamo alcune di queste situazioni nei ricordi, rievocati con tanto sentimento, se non con vera e propria commozione, dall’autore.
Prefazione di Ivo Ren
Note sulle immagini di Francesco Padovani
Illustrazioni: b/n e colore
Questa non è una guida, questa non è una mappa, questo non è un libro. E’ la traduzione in testi, immagini e dati della magnifica traversata del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi editati da un gruppo di appassionati che le vivono, le percorrono e le amano.
Progetto nato dalla collaborazione tra il Club Alpino Italiano sezioni di Agordo, Belluno, Feltre, Longarone, Oderzo e Val di Zoldo e il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi
Dopo la versione italiana del volume andata esaurita, Verica propone anche la versione in inglese per poter raggiungere ancora più lettori. Di qualsiasi lingua, di qualsiasi etnia o colore tutti abbiamo bisogno di un porto sicuro.
Affresco di un epoca ed odissea di una famiglia, come tante, attraverso le tappe di un viaggio tra ricordi, sacrifici e rinunce per cercare, ognuno a modo suo, un posto da chiamare casa.
Quando si diffuse nell’ottobre del 1917 la notizia della rotta di Caporetto, anche tra le genti nel Bellunese sorse il panico per una imminente invasione dell’esercito austro-tedesco. Purtroppo quella non rimase solo una sensazione, poichè nei primi giorni di novembre, le truppe si insediarono nelle vallate e per la prima volta i Bellunesi si trovarono la guerra letteralmente in casa.
Gianni Viel crede fortemente che il terreno teatro di questa battaglia, trattenga segni e tracce visibili di quanto i nostri predecessori hanno subito in quei giorni tragici. Lo stesso recupera materiali, ma pulisce anche i luoghi dalla vegetazione infestante e posiziona tabelle indicative per chi volesse avventurarsi in quei luoghi.
L’incontro con Giorgio Tosato ha permesso di contestualizzare l’argomento anche da un punto di vista storico grazie all’utilizzo di materiali documentali e la capacità narrativa dello stesso autore di molti libri sulla Grande Guerra
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